Da Murat a Mussolini di Nicola Mascellaro, una storia lunga 150 anni, una Bari raccontata fra il re Gioacchino Murat e la morte dell’istriano prof. Francesco Babudri. Una città che si apre alla modernità, che diventa più grande, che scopre di poter diventare punto di riferimento per l’intera regione, calamita di sviluppo. È questa la Bari che racconta Nicola Mascellaro nel suo C’era una volta Bari. Il racconto si snoda attraverso un secolo e mezzo e spiega i motivi, le circostanze, le occasioni, gli accidenti della storia, che hanno portato un borgo chiuso da alte mura, che andavano dal castello normanno-svevo alla via delle Mura, l’attuale via Venezia, con appena 18mila abitanti, ad iniziare il percorso verso la modernità. Partendo dall’espansione «fuori le mura» chiesta sin dal 1790 e ottenuta grazie a Murat il 25 aprile 1813, con la simbolica posa della prima pietra del quartiere che da quel re avrebbe poi preso il nome: l’attuale Murattiano. Il racconto di Mascellaro ci fa vedere, toccare, sentire, una Bari povera ma pulsante, degradata ma vogliosa di crescere, che attraversa il risorgimento, il brigantaggio, la stagione della costruzione dei teatri, quella penosa dell’emigrazione. Una città in lotta con gli eventi della storia e che nel 1890 conta 66.909 abitanti, ma manca la fogna, l’acqua corrente, la luce elettrica, la pavimentazione stradale. Osservazioni da cronista, più che da storico, riportate al lettore attraverso la citazione di giornali e cronisti dell’epoca, che permettono di entrare, nonostante la prosa ampollosa tipica di fine ‘800, a toccare con mano la realtà. Quanti baresi possono immaginare che il castello fosse utilizzato come carcere? che da piazza Massari guardando verso il mare ci si sarebbe trovati di fronte alla spiaggia più popolare della città? che il cuore della odierna movida, piazza Mercantile e piazza del Ferrarese, erano il cuore delle attività commerciali e artigiane con mercati e botteghe? che in fondo a corso Cavour c’era la barriera daziaria a sbarrare l’accesso alla città? Quanti baresi, che usano e consumano il territorio e che conoscono a malapena la vicenda dell’incendio del Petruzzelli, sanno che la notte tra il 20 e il 21 luglio 1911 un altro incendio distrusse il Margherita, costruito su quello che era un semplice belvedere a mare? Quanti baresi conoscono la storia e i motivi della costruzione della Chiesa Russa, anch’essa avviluppata dalle fiamme il 7 aprile 1973? Ma non sono soltanto le vicende storiche a scandire il racconto che attraversa i 150 anni in cui Bari è rinata. Ci sono anche, e sono pagine imperdibili, le vicende umane, come l’arrivo in città di Giacomo Puccini nel 1895, accolto da folle osannanti, il suo incontro con il maestro concertatore Enrico Annoscia, Pupe de zzucchere, che suona con la banda sul podio della cassarmonica in piazza Prefettura. Senza dimenticare l’appassionante giallo dell’omicidio di Cenzina Di Cagno, 18 pagine da leggere senza tirare il fiato, o l’affaccio di Bari alla modernità vera con l’arrivo di Guglielmo Marconi e l’inaugurazione della stazione radio di San Cataldo. Infine, i personaggi, tre che marchiano a fuoco l’enorme passione di Mascellaro per il giornalismo, e uno storicamente inevitabile: Armando Perotti, poeta e uomo di lettere; Frate Menotti, illustratore satirico e feroce vignettista- castigatore dei vizi e delle debolezze della società barese; Wanda Gorjux, giornalista, polemista, donna di lettere e di grande cultura. L’inevitabile è Mussolini e la sua visita, perfettamente organizzata in ogni dettaglio pur minimo, datata 6 settembre 1934. Una decina di pagine che danno perfettamente l’idea della macchina propagandistica del regime, ma anche di come in quegli anni sia cambiato radicalmente il volto della città. L’ultimo capitolo di questo agile, piacevole e scorrevole racconto-storia è un gesto d’amore grande verso Bari vecchia e di un istriano, Francesco Babudri, capitato per caso ma poi profondamente innamorato di questa città. Qui Babudri ha vissuto 32 anni, durante i quali ha prodotto una quantità infinita di studi, di articoli, di pagine, di ricerche, di documenti, con i quali ha contribuito alla ricostruzione della storia, ma anche del folklore e delle tradizioni baresi. È un viaggio ideale che ogni buon barese dovrebbe leggere e compiere, perché bisogna conoscere il passato, e non soltanto consumarlo, per costruire il futuro.
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